Come i bias cognitivi influenzano le strategie di marketing

da | Giu 6, 2024 | Papers!

Ti è mai capitato di scegliere un ristorante solo perché ci avevi già mangiato, anche se ce n’erano altri con recensioni migliori? Oppure di fare un acquisto impulsivo e chiederti solo dopo: “perché l’ho fatto”? Bene, la risposta a queste domande è una sola: bias cognitivi.

In quel momento hai agito in modo inconsapevole e poco razionale a causa di questi rapidi processi mentali che si verificano ogni giorno nel tuo inconscio. Ne esistono di molte tipologie e nel marketing rappresentano strumenti molto potenti. Se usati efficacemente all’interno di strategie di vendita possono infatti migliorare la percezione dei prodotti, dei servizi e influenzare le scelte d’acquisto.

Ecco perché comprendere quali sono e in che modo agiscono sulla mente è fondamentale per migliorare il proprio business!

Quindi vediamoli insieme.

Cosa sono i bias cognitivi?

Secondo la definizione di Britannica, sono “errori sistematici nel modo in cui gli individui elaborano le informazioni, basati su una percezione soggettiva del mondo, e possono portare a interpretare i fatti in modo diverso”. In altre parole, sono dei giudizi che derivano da una visione personale della realtà a volte distorta. Questo succede a causa di associazioni illogiche fatte dal cervello sulla base dei dati di cui si è in possesso, che possono portare a una valutazione dei fatti sbagliata.

Di per sé, la parola bias significa “pregiudizio”. È un termine inglese che deriva dal provenzale biais, cioè “obliquo”, “inclinato”, e veniva usato in antichità per indicare i tiri storti nel gioco delle bocce, che comportavano conseguenze negative. I bias sono quindi il risultato di decisioni rapide e automatizzate della mente, che traggono origine da esperienze e concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.

Come nascono?

Ogni giorno la mente deve processare centinaia di migliaia di dati in poco tempo per riuscire a prendere decisioni. E, per evitare che vada in sovraccarico, spesso si tende a utilizzare strategie di elaborazione delle informazioni chiamate euristiche, che permettono di semplificare le scelte. Esse sono considerabili come vere e proprie scorciatoie intuitive e sbrigative che consentono di giungere a conclusioni rapide attraverso il minimo sforzo cognitivo. Non sempre però sono efficienti, anzi, è proprio da alcune di queste interpretazioni approssimative della realtà che si incappa in errori di valutazione, cioè in bias cognitivi.

A notarne per primi l’importanza furono Amos Tversky e Daniel Kahneman nel 1972. Da allora, i ricercatori hanno descritto una serie di bias che influenzano il processo decisionale in una vasta gamma di aree tra cui: comportamento sociale, cognizione, economia comportamentale, istruzione, sanità, affari e finanza.

Bias cognitivi e neuromarketing

Da tempo i bias cognitivi vengono studiati dalla psicologia cognitiva, che si occupa di analizzare i processi mentali relativi alla conoscenza. Ed è proprio da questo studio dei processi decisionali attivato dal consumer in fase di acquisto che un buon seller può estrapolare interessanti nozioni relative a ciò che pensa e valuta l’utente prima di fare un acquisto, includendo tali variabili nella propria strategia data driven. Di tutto ciò si occupa il neuromarketing.

In ogni customer journey è nascosto una sorta di navigatore che guida all’acquisto di beni o servizi in più step, dall’evocazione del bisogno alla conversione vera e propria. È nella fase finale di indecisione, dove le persone sono più vulnerabili, che entrano in campo i bias cognitivi. Per esempio, frasi come: “solo una stanza disponibile”, “l’offerta scade a mezzanotte” e “ultimo giorno di sconti” possono evocare un sentimento inconscio di urgenza e spingere all’azione, nella convinzione che un’occasione simile non si ripresenterà.

Saper riconoscere i bias cognitivi ha una rilevanza biunivoca: sia per chi vende, che deve impararne l’arte per aumentare il guadagno, sia per chi consuma, che ha il compito di capirli per essere più consapevole nelle proprie decisioni d’acquisto.

Ecco 10 esempi di bias cognitivi

1. Bias di supporto alla scelta

È un processo mentale che spinge a considerare come negative le scelte che sono state scartate in passato e come positive quelle accettate. È una sorta di meccanismo di rinforzo per dare maggior validità alle decisioni prese. A volte però il dubbio rimane, come quando si fa per la prima volta l’acquisto su un nuovo sito. “Arriverà mai il mio pacco?”: questo è ciò che l’utente potrebbe pensare. Per sfruttare il bias cognitivo appena visto e migliorare la sua esperienza è possibile inviare una mail di conferma con l’ordine effettuato.

2. Bias di conferma

È una scorciatoia di pensiero che consiste nel selezionare solo le informazioni che confermano le proprie convinzioni, sminuendo o ignorando quelle che le contraddicono. È anche la ragione principale per cui si tende a seguire sui social solo le persone che la pensano nel nostro stesso modo. Nel marketing è fondamentale sfruttare questo bias, creando una comunicazione che sia in linea con il pensiero e le abitudini dell’utente a cui si rivolge. Per esempio, un negozio che vende spazzolini in bambù dovrà puntare su un pubblico di persone attente all’ambiente.

3. Framing

In questo caso chi compra presta attenzione al modo in cui un prodotto o un servizio vengono presentati, infatti, è chiamato anche “bias della cornice”. A seconda di come questo avviene, verranno messi in risalto aspetti diversi del prodotto/servizio. Dire “i nostri prodotti sono fatti per il 30% di materie riciclate” piuttosto che “sono al 70% realizzati da materiali non riciclabili” viene percepito in modo diverso. Anche in quest’altro caso l’effetto è lo stesso: “questo prodotto funziona 8 volte su 10” rispetto a “il prodotto non funziona 2 volte su 10”.

4. Zero risk

Spesso si pensa che sia peggio perdere una cosa rispetto a guadagnarla, perché si avverte di aver bruciato una potenziale occasione. E spesso, per evitare questa sensazione spiacevole, si tende a scegliere l’opzione con meno rischi, o addirittura senza. Per sfruttare questa caratteristica psicologica a proprio vantaggio si possono utilizzare formule come “soddisfatti o rimborsati” o periodi di prova gratuiti, perché generano nell’utente una sensazione di sicurezza!

5. Bias di ancoraggio

Quando ci si trova a dover assegnare un valore a una quantità ignota si tende in genere a far riferimento a un dato già disponibile. Per esempio, se chiedeste ai vostri amici o colleghi: “una sequoia è più o meno alta di 100 m?”, otterrete risposte che si aggirano intorno a quel numero. Nel marketing questa leva psicologica è molto usata nel pricing di prodotti o servizi. Lo stesso Steve Jobs ne fece uso per annunciare il prezzo dell’iPad dando prima un prezzo di 999$ e subito dopo di 499$, facendo percepire al pubblico un risparmio di 500$!

6. Riprova sociale

Anche chiamato “effetto carrozzone” è l’importanza che si dà all’opinione altrui. E, nel marketing, è spesso visibile sotto forma di recensioni, considerate chiave dal 91% delle persone che acquista online.

7. Bias dell’ingroup

Simile al precedente, si differenzia solo per una specifica: la tendenza ad affidarsi a persone di un gruppo che si ritiene essere simile a quello di cui si fa parte. È bene quindi lavorare sul senso di appartenenza, facendo leva su valori, credenze o esperienze che possano accomunare individui diversi.

8. Bias di salienza

Nella raccolta di informazioni il cervello tende a evidenziare le più importanti o quelle che perlomeno hanno lasciato il segno. Allo stesso modo, nel marketing, è importante puntare sull’effetto WOW, scegliendo una caratteristica d’impatto da inserire nella brand identity o nella creazione di contenuti.

9. Effetto esca

Si tratta dell’inclinazione a cambiare la propria preferenza d’acquisto quando è presente una terza scelta. Se al cinema ci fossero solo due opzioni, pop corn piccoli o grandi, i primi sarebbero i più scelti, perché gli altri costano troppo. Ma, una volta introdotti quelli medi, si tende a preferirli perché sembrerà di fare un acquisto più conveniente.

10. Effetto dotazione

È il fenomeno per cui si dà più valore a ciò che si possiede rispetto al reale valore sul mercato. Avere campioncini gratis, un mese di prova, la possibilità di testare un prodotto per poi restituirlo fa sì che entri in gioco, anche solo per poco, un bagaglio emotivo negli acquisti, generando un valore sentimentale.

Come si è visto, comprendere come funzionano i bias cognitivi è interessante e utile sia per chi acquista, che per chi vende. Sono strumenti importanti da implementare nella propria strategia perché permettono di comprendere meglio il nostro processo decisionale e adattare le strategie di marketing di conseguenza. Tuttavia, è altrettanto importante che rimangano solo mezzi per diffondere i valori della propria azienda. L’abuso di questi meccanismi può portare a pratiche manipolative e dannose per l’utente, minando la sua fiducia e danneggiando la reputazione del brand nel lungo termine. È essenziale garantire quindi che il prodotto o servizio offerto corrisponda alle aspettative create. Ora è il tuo turno: non ti resta che implementarli nei tuoi processi di marketing e vedere che effetto avranno.

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